Anni non inutili, nei quali si radicò in Giovanni in senso di Dio.
Alla Cascina Moglia, Giovanni Bosco trascorse circa 20 mesi dal Febbraio 1828 al Novembre 1829. Anni perduti per i suoi studi. Furono anche inutili per la missione a cui Dio lo chiamava?
Pietro Stella, grande storico salesiano ricorda un episodio a prima vista insignificante: “La signora Dorotea e il cognato Giovanni, un giorno lo trovarono inginocchiato che teneva un libro fra le mani, gli occhi chiusi, la faccia rivolta al cielo, e dovettero scuoterlo, tanto era assorto nella sua riflessione”.
E argomenta:” Furono dunque anni non inutili, nei quali si radicò più profondo in Giovanni il senso di Dio e della contemplazione. Poté introdursi nel colloquio con Dio durante il lavoro dei campi. Anni che si possono definire di attesa assorta e supplichevole, da Dio e dagli uomini “.
Un giorno dell’estate 1828 il vecchio Giuseppe Moglia tornava a casa tutto sudato con la zappa sulle spalle. Erano le dodici, sul campanile di Moncucco suonava la campana. Oppresso dalla stanchezza, s’era sdraiato per concedersi un po’ di riposo. Ed ecco che vede sul fienile il giovane Bosco, rientrato poco prima, che in ginocchio recitava l’Angelus. Allora, ridendo, esclamò: «Guarda là: noi che siamo i padroni, ci logoriamo la vita dal mattino alla sera; e lui tutto tranquillo se ne sta lassù pregando in santa pace. È così che si fanno i meriti per il paradiso con facilità!». Giovannino finì la preghiera, scese dal fienile e, rivolto al vecchio, disse: «Sentite, voi siete testimone che io non mi risparmio sul lavoro. Mia mamma però mi ha insegnato una cosa: ” Se pregate, da due grani che seminate nasceranno quattro spighe; se non pregate, seminando quattro grani raccoglierete due sole spighe”. Pregate dunque anche voi, e invece di due spighe ne raccoglierete voi pure quattro». Quel bravo uomo, meravigliato dalla risposta, esclamò: «Oh, perbacco, che io debba prendere lezione da un giovanetto? Eppure io sento di non potermi mettere a tavola se prima non prego”.